Facciamo un salto indietro nel tempo.
Correva l’anno del Signore 2000 d.C., quando un americano chiamato Bruce Qvale volle rilevare quel che restava della defuntissima DeTomaso per lanciare una nuova auto sportiva chiamata Mangusta.
Il design non era filante, ma almeno era originale. E il tetto aveva un’inedito sistema con pannello superiore asportabile, stile targa, e il lunotto che poteva ruotare all’indietro, per scomparire tra l’abitacolo e il vano bagagli. Un antesignano del tetto rigido robotizzato della Mercedes SLK, se vogliamo.
Motore anteriore V8 da 320 cavalli, il 4,6 litri della Ford Mustang, cambio manuale, freni Brembo e sospensioni a quadrilateri, con un braccetto supplementare per il recupero della convergenza al posteriore come si conviene a una granturismo moderna. Una velocità di 255 all’ora e uno zero-cento in 5,3 secondi.
Le premesse, insomma, erano interessanti, ma come si comportava veramente?
In una parola: malissimo!
L’assetto era flaccido, assolutamente inadeguato per tenere sotto controllo un peso che, in ordine di marcia, superava di slancio i 1.700 chili. Di conseguenza i trasferimenti di carico erano addirittura drammatici e questo, sommato al passo corto, a uno sterzo assai demoltiplicato e al volante del diametro di una pizza al trancio, poteva creare situazioni di certo emozionanti, ma per nulla piacevoli.
Ricordo ancora una staccatona a oltre 200 all’ora, in cui l’auto si mise a coltello...
Il controsterzo bastò a malapena per stabilizzare l’imbardata e percorsi decine di metri guardando la pista dal finestrino del passeggero.
Fu in prossimità della curva che “lanciai” letteralmente il volante e riuscii a riallineare la vettura, appena in tempo per non finire nella ghiaia con l’auto completamente di traverso. Una situazione che avrebbe quasi certamente portato a un capottamento.
Per fortuna la Mangusta non è più prodotta dal 2002, ma ancora ne circola qualcuna. Se ce l’hai e non l’hai ancora portata in pista per un track day, il mio consiglio spassionato è di non provarci mai! Goditela su strada e non correre.
Lsdiff
Correva l’anno del Signore 2000 d.C., quando un americano chiamato Bruce Qvale volle rilevare quel che restava della defuntissima DeTomaso per lanciare una nuova auto sportiva chiamata Mangusta.
Il design non era filante, ma almeno era originale. E il tetto aveva un’inedito sistema con pannello superiore asportabile, stile targa, e il lunotto che poteva ruotare all’indietro, per scomparire tra l’abitacolo e il vano bagagli. Un antesignano del tetto rigido robotizzato della Mercedes SLK, se vogliamo.
Motore anteriore V8 da 320 cavalli, il 4,6 litri della Ford Mustang, cambio manuale, freni Brembo e sospensioni a quadrilateri, con un braccetto supplementare per il recupero della convergenza al posteriore come si conviene a una granturismo moderna. Una velocità di 255 all’ora e uno zero-cento in 5,3 secondi.
Le premesse, insomma, erano interessanti, ma come si comportava veramente?
In una parola: malissimo!
L’assetto era flaccido, assolutamente inadeguato per tenere sotto controllo un peso che, in ordine di marcia, superava di slancio i 1.700 chili. Di conseguenza i trasferimenti di carico erano addirittura drammatici e questo, sommato al passo corto, a uno sterzo assai demoltiplicato e al volante del diametro di una pizza al trancio, poteva creare situazioni di certo emozionanti, ma per nulla piacevoli.
Ricordo ancora una staccatona a oltre 200 all’ora, in cui l’auto si mise a coltello...
Il controsterzo bastò a malapena per stabilizzare l’imbardata e percorsi decine di metri guardando la pista dal finestrino del passeggero.
Fu in prossimità della curva che “lanciai” letteralmente il volante e riuscii a riallineare la vettura, appena in tempo per non finire nella ghiaia con l’auto completamente di traverso. Una situazione che avrebbe quasi certamente portato a un capottamento.
Per fortuna la Mangusta non è più prodotta dal 2002, ma ancora ne circola qualcuna. Se ce l’hai e non l’hai ancora portata in pista per un track day, il mio consiglio spassionato è di non provarci mai! Goditela su strada e non correre.
Lsdiff
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