Che si sia tifosi o detrattori del Cavallino non si può negare che Ferrari oggi sia in assoluto la casa che più di ogni altra fa innovazione nel campo delle supercar. Sono avanti nel design e nell’applicazione, nel prodotto di serie, di tutte le tecnologie che possono rendere più costanti, giro dopo giro, le massime prestazioni.
La 458 è la punta di diamante di questa filosofia e la sua linea mi colpisce come un pugno: è bellissima e stupefacente, per la sua capacità di essere “avanti” senza per questo proporre linee difficili da “leggere”.
È evidente che qui la ricerca aerodinamica è stata fatta in modo più approfondito che su qualsiasi altra auto di serie.
I primi metri mi mettono un po’ in soggezione. L’auto, intendiamoci, è trattabilissima, ma dà l’impressione di essere grande: non me la sento subito addosso come, per esempio, mi è capitato con la vecchia Lamborghini Murcielago (vedi qui). E i pulsanti sul volante per le frecce (e altro) mi sembrano davvero poco intuitivi. Mala scelta è stata obbligata: volevano ricavare spazio per farmi azionare più comodamente le palette del cambio a doppia frizione, per cui va bene così.
Alla prima pedalata sul gas il canto del motore e la sua reazione istantanea mi strappano un’irripetibile esclamazione di apprezzamento. Ma è quando varco i cancelli dell’autodromo che scopro il vero carattere del bolide modenese.
L’accelerazione, manco a dirlo, è tra le emozioni più forti che si possano provare... Coi vestiti addosso. E ogni minimo dettaglio di come l’assetto si regola nelle varie situazioni lo senti chiaro e forte attraverso il fondo dei pantaloni. In percorrenza di curva è facile bilanciare l’appoggio sulle gomme esterne in maniera addirittura micrometrica. Segno che la scocca e gli ancoraggi delle sospensioni hanno una rigidezza eccezionale. O quantomeno calibrata alla perfezione.
Il volante, invece, è molto filtrato e di sensazioni tattili ne trasmette pochine. Alla prima staccata vera mi accorgo che pure ai freni bisogna fare il piede: complice qualche piccola asperità in traiettoria arrivo al bloccaggio ed è una cosa che mi succede davvero di rado.
L’elettronica, che regolo attraverso il famoso manettino sul volante, funziona bene e fa ciò che promette: mi aiuta a mantenere le massime prestazioni costanti, giro dopo giro, e a prendere confidenza con i limiti dell’auto in tutta sicurezza. Però mi toglie gran parte del divertimento e alla fine decido di spegnere tutto.
Così scopro che la 458 è più lesta a sovrasterzare che a riallinearsi: è l’effetto di 570 cavalli applicati a un corpo vettura che ha il 58 per cento del peso gravante sul retrotreno. Ma forse anche delle gomme, che al termine della prova non sono più tanto fresche e denunciano anche all’avantreno qualche perdita di aderenza precoce.
Il verdetto? Nonostante qualche peccatuccio per me la 458 è il nuovo punto di riferimento per tutte le supersportive: una chiara indicazione della direzione che tutti, presto o tardi, dovranno prendere. Almeno quelli che puntano a costruire prodotti al top della tecnologia.
Monumentale.
Fantastica.
Indimenticabile.
Vorrei poter stringere la mano a tutti gli uomini che l’hanno realizzata. Uno per uno!
La 458 è la punta di diamante di questa filosofia e la sua linea mi colpisce come un pugno: è bellissima e stupefacente, per la sua capacità di essere “avanti” senza per questo proporre linee difficili da “leggere”.
È evidente che qui la ricerca aerodinamica è stata fatta in modo più approfondito che su qualsiasi altra auto di serie.
I primi metri mi mettono un po’ in soggezione. L’auto, intendiamoci, è trattabilissima, ma dà l’impressione di essere grande: non me la sento subito addosso come, per esempio, mi è capitato con la vecchia Lamborghini Murcielago (vedi qui). E i pulsanti sul volante per le frecce (e altro) mi sembrano davvero poco intuitivi. Mala scelta è stata obbligata: volevano ricavare spazio per farmi azionare più comodamente le palette del cambio a doppia frizione, per cui va bene così.
Alla prima pedalata sul gas il canto del motore e la sua reazione istantanea mi strappano un’irripetibile esclamazione di apprezzamento. Ma è quando varco i cancelli dell’autodromo che scopro il vero carattere del bolide modenese.
L’accelerazione, manco a dirlo, è tra le emozioni più forti che si possano provare... Coi vestiti addosso. E ogni minimo dettaglio di come l’assetto si regola nelle varie situazioni lo senti chiaro e forte attraverso il fondo dei pantaloni. In percorrenza di curva è facile bilanciare l’appoggio sulle gomme esterne in maniera addirittura micrometrica. Segno che la scocca e gli ancoraggi delle sospensioni hanno una rigidezza eccezionale. O quantomeno calibrata alla perfezione.
Il volante, invece, è molto filtrato e di sensazioni tattili ne trasmette pochine. Alla prima staccata vera mi accorgo che pure ai freni bisogna fare il piede: complice qualche piccola asperità in traiettoria arrivo al bloccaggio ed è una cosa che mi succede davvero di rado.
L’elettronica, che regolo attraverso il famoso manettino sul volante, funziona bene e fa ciò che promette: mi aiuta a mantenere le massime prestazioni costanti, giro dopo giro, e a prendere confidenza con i limiti dell’auto in tutta sicurezza. Però mi toglie gran parte del divertimento e alla fine decido di spegnere tutto.
Così scopro che la 458 è più lesta a sovrasterzare che a riallinearsi: è l’effetto di 570 cavalli applicati a un corpo vettura che ha il 58 per cento del peso gravante sul retrotreno. Ma forse anche delle gomme, che al termine della prova non sono più tanto fresche e denunciano anche all’avantreno qualche perdita di aderenza precoce.
Il verdetto? Nonostante qualche peccatuccio per me la 458 è il nuovo punto di riferimento per tutte le supersportive: una chiara indicazione della direzione che tutti, presto o tardi, dovranno prendere. Almeno quelli che puntano a costruire prodotti al top della tecnologia.
Monumentale.
Fantastica.
Indimenticabile.
Vorrei poter stringere la mano a tutti gli uomini che l’hanno realizzata. Uno per uno!
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