domenica 30 gennaio 2011

Nissan 370z: ha perso qualcosa, ma diverte





L’estetica, si sa, è un fatto personale. Perciò lascio decidere a te se siamo di fronte a un capolavoro di citazioni retrò o piuttosto a una melanzana o.g.m.

Sulle sensazioni al volante, invece, riesco a essere più oggettivo.

La prima impressione, in città, è stata una delusione. La Roadster sembra più grande di quello che è in realtà. E pure un po’ inerte. Colpa dell’Euro 4, che per migliorare la combustione dei residui in camera di scoppio rallenta tutti i transitori, per lo meno ai regimi più bassi (e c’è da scommettere che con le varie Euro 5, 6 eccetera andrà sempre peggio).

Per fortuna in pista le cose cambiano. Tenendolo su di giri, il motore ritrova prontezza e grinta. Qualche giro di riscaldamento e la Nissan riesce a spazzare via la delusione dei primi metri. Con lei c’è da divertirsi. Forse non è affilata come la vecchia 350z, ma si comporta bene.

Il top della goduria lo raggiungo fregandomene dei tempi sul giro e lasciandomi andare alle “ignoranti” seduzioni del drifting...

La Roadster sembra fatta apposta per questo! Unico appunto, il differenziale autobloccante: è di tipo viscoso e ha tempi di intervento un po’ irregolari. In pratica non “chiude” mai con la stessa prontezza e non è facile fare due traversi identici uno in fila all’altro. Ma è un’auto di serie, dopotutto, e direi che il value-for-money è decisamente interessante, visto che ti mette sotto al sedere circa 330 onestissimi cavalli per poco più di 40 zucche.

Una nota sul cambio manuale: ha un dispositivo che alza automaticamente i giri del motore in scalata, per aiutarmi nei passaggi di marcia, rendendo superfluo il punta tacco. È efficace e molto comodo, non dico di no, ma da talebano della guida rimango perplesso: a me fare il punta-tacco piace. E provo una certa snobistica goduria a saper eseguire alla perfezione pure la doppietta. Al massimo apprezzo i cambi al volante delle auto da corsa, perché mi permettono di fare altri numeri in pista, ma se manuale dev’essere, il divertimento lo voglio tutto per me! I chip si fottano!


Lsdiff 

sabato 29 gennaio 2011

Giulietta Quadrifoglio Verde: sportiva solo a metà


Che spettacolo! Scusa se cito Valentino Rossi, noto poeta contemporaneo, ma per me la linea della nuova Giulietta Quadrifoglio Verde, merita lunghi istanti di ammirata contemplazione.

In silenzio.

Poi il rombo del motore esplode. Metto in moto e il gorgoglio del quattro cilindri turbo da 1.750 cc e 235 cavalli mi fa intuire le emozioni che seguiranno di li a poco. I comandi, in effetti, sono più da berlina che da sportiva, ma la spinta è imperiosa. Incredibile in rapporto alla cilindrata. Piena e forte a tutti i regimi. Vero, il ritardo del turbo si sente, ma non disturba più di tanto. Il piede ce lo fai alla svelta.

Alle prime curve, però, mi accorgo he qualcosa non va. I sedili fanno pena! Se non ci fosse la portiera a trattenermi a bordo finirei fuori dall’auto a ogni svolta. Non importa con quanta cura regoli la tua posizione al volante o tiri la cintura di sicurezza: se ci dai dentro devi aggrapparti al volante e puntellarti con gomiti e ginocchia come su una macchina degli anni 50. E qualche insulto, sussurrato, ma sentito, mi scappa all’indirizzo dei progettisti torinesi.

Tutto qui? No c’è dell’altro da criticare. L’assetto, che per strada è ottimo, in pista tradisce la paura che in Alfa hanno avuto di proporre una sportiva vera come mi aspetto da una Quadrifoglio Verde. Il retrotreno è piantato: non partecipa mai alle danze. E se con una manovra brusca provi a farlo scivolare leggermente ci pensa l’Esp a riportarlo in carreggiata: con pugno d’acciaio e troppo alla svelta per sfruttarlo a tuo vantaggio.

Il risultato? La Giulietta smusa, smusa e ancora smusa. La guidi tutta “sull’anteriore”, trovandoti a remare col volante per cercare di limare l’ultimo centesimo, ma senza alcuna possibilità di bilanciare davvero l’assetto nelle curve. E di sfruttare appieno il notevole potenziale dell’auto.

Peccato perché la base c’è eccome. Persino i freni, che sono quasi sempre il punto debole delle auto da strada strapazzate in pista, hanno una resistenza quasi miracolosa. Servirebbe solo un assetto differente.

È la più sportiva della gamma, in fondo: se lo merita! 

Lsdiff

venerdì 28 gennaio 2011

SPECIALE COMPATTE: Opel Astra


Lo so, mi sono fatto attendere, ma finalmente ho trovato il tempo di annotare le mie esperienze con l'ultima sfidante dello Speciale Compatte: la più recente versione della Opel Astra...

Per chi ha familiarità con la plancia della Civic, noterà al primo colpo d'occhio che la console tedesca è quasi l'opposto. Una miriade di tasti tutti posizionati al centro (aiuto!). I comandi radio e clima sono raggruppati in livelli differenti, ma crea confusione il fatto che tutti i tasti siano di dimensione e aspetto pressoché identico. Se avete anche il navigatore installato, troverete a disposizione ben 5 manopole!! agli inizi trovare quella giusta è un po un quiz a tempo……se cerchi troppo a lungo ti schianti.
I materiali sono ottimi, tranquillamente paragonabili a quelli della Golf, l'assemblaggio anche.

Da segnalare che la parentela con l'Insigna è evidente ovunque… dimensioni incluse: 4,42 metri sconfinano quasi nel segmento delle berline (una Bmw serie 3 lunga 4,50 metri) e il peso dichiarato è di circa 100 kg superiore alla media (chiamate un dietologo per OPC). Tutte questa abbondanza però non ha portato con sé reali vantaggi all'abitabilità, anche qui inferiore a Civic.

Molto "spaziale" è invece l'illuminazione notturna degli interni. Ogni dettaglio ha la sua lucetta rossa, dalle maniglie alla parte inferiore dell'abitacolo, dal vano portaoggetti al... bordo inferiore della console centrale: un vero colpo di genio per evidenziare la polvere che hai trascurato di pulire!

La vettura che ho provato era un 1.7 Ctdi Cosmo 110cv, unici optional montati fari bixeno e navigatore Dvd-800. Inserisco la chiave nel quadro, giro in prima posizione ed ecco che partono i bixeno muovendosi sue giù per un breve check up (wow!), seconda posizione e avviamento del………TRATTORE.

Ai fan del marchio Honda questo motore è già noto, è parente stretto dell'isuzu che equipaggiava la settima serie della Civic; qui si presenta in versione rinnovata euro 5. Il giudizio è abbastanza impietoso: ruvido e rumoroso! Grazie alla sua coppia muove con sufficiente disinvoltura la massa dell'Astra, penalizzato però da una rapportatura del cambio volta al risparmio più che al piacere di guida (e nonostante questo i consumi restano solo discreti). Le prime 3 marce sono ben scalate, non dico di no, ma quarta quinta e sesta danno una chiara percezione... dell'infinito. E con buona pace dei newtonmetri da diesel ci si trova facilmente a dover scalare per fare un sorpasso.

Peccato, perché il telaio dell'auto sembra adatto anche per una guida più sportiva: merito di un assetto molto valido per un uso a 360° che comunque garantisce un buon assorbimento (anche se la Golf, sotto l'aspetto comfort, è migliore, soprattutto al posteriore).

La bellissima sorpresa viene invece una volta scesi dall'auto, e seduti davanti al venditore per parlare del prezzo; a parità di accessori e potenza del motore, l'Astra costa in media 3000 euro in meno della Golf. Un affare!

Attirato dal prezzo, decido di dare all'Astra una seconda possibilità, è la volta del 1.6 Turbo da 180 cv, e qui le cose si fanno molto più interessanti! La versione Cosmo S (unica disponibile abbinata al 1.6 turbo) ha praticamente tutto di serie, incluso l'assetto regolabile elettronicamente Flex Ride (3 le posizioni disponibili: Comfort, Norm, Sport ).

Questo Optional mi ha particolarmente colpito: la vettura era equipaggiata con cerchi in lega da 19" e spalla da 40, ma nonostante questo le buche, con mia grande sorpresa, venivano assorbite in modo eccellente. Per contro, anche nell'impostazione Sport, la vettura non è mai rigida quanto vorresti per una andatura più allegra, manca sempre quel qualcosa che fa perdere di precisione l'avantreno. 

D'altra parte il 1.6 turbo, che sulla carta potrebbe sembrare un motore di connotazione sportiva, di sportivo ha ben poco. L'erogazione è sempre molto lineare e costante, corposa ma mai brutale. Il cambio qui è ancora lungo, ma il 1.6 riesce a digerire perfettamente la spaziatura.

Tirando le somme l'Astra equipaggiata con questo motore diventa una viaggiatrice dal comfort eccezionale, silenziosa e relativamente parca nei consumi (il peso gioca sempre un ruolo da padrone… e i kg qui si sprecano ), ma chi si aspettava una vettura divertente dovrà aspettare la OPC.

Il Dado 

domenica 16 gennaio 2011

Lotus Elise 1.6: un piccolo capolavoro




Adoro quel suo musetto che sembra ispirato alla Ferrari California. E adoro le sue dimensioni compatte, che la rendono più adatta di tante altre rivali alla guida spigliata su strada: più piccola è l'auto e più le strade ti sembrano larghe, permettendoti traiettorie più studiate.

Oltretutto il nuovo abbinamento tra motore millesei e peso piuma dimostra la validità di un concetto che, purtroppo, Lotus abbandonerà con le sue prossime auto: nei posti che contano ora ci sono alcuni uomini ex Ferrari, che vogliono far maturare il marchio inglese in una direzione che farebbe inorridire il compianto Colin Chapman. Come dire, godiamocela finché dura!

Mai mettere le nubi di domani davanti al sole di oggi, comunque, e concentriamoci sull'attuale Elise.

E' scattante, super reattiva a ogni comando (acceleratore compreso) e ha una bella progressione. In più consuma davvero pochissimo! La quadratura del cerchio, se non fai caso all'aria fragile di molte componenti e non ti importa eccessivamente del comfort e dell'isolamento acustico.

Pregi e difetti dell'Elise emergono in pista.

Finché guidi pulito è una cannonata. Con un assetto perfettamente focalizzato sullo scopo (a patto di accompagnare l'inserimento con rilasci ben misurati) e uno sterzo come ormani non ce ne sono altri: privo di servoassistenza, ti urla nelle orecchie ciò che gli altri a malapena ti sussurrano da lontano. Impossibile non accorgersi di ciò che sta accadendo sotto le ruote quando guidi così privo di filtri. Per contro, ogni scordolata la senti nelle mani come... lo schiaffo del soldato.

L'unico vero limite lo scopri se provi a fare un po' di drifting.

Manca il differenziale autobloccante, e già questo crea problemi di trazione quando superi i ilmiti di aderenza. Di conseguenza, oltre certi angoli di deriva le reazioni dell'Elise diventano difficili da controllare.
E il motore non aiuta, perché non ha tiro sufficiente a portarti fuori dai traversi più impegnativi. Insomma non è difficile trovarsi parcheggiati in mezzo ai tornanti col muso che punta il centro della curva.

Ma a parte questo, è proprio un gioiellino!

Lsdiff

sabato 15 gennaio 2011

Ferrari California 2010: fantastica per strada, ma in pista...




Anche a me che ne guido tante, salire su una Ferrari non capita tutti i giorni e l'emozione mi fa dare un po' i numeri...

Motore: 10 e lode.
Cambio: 10 e lode.
Assetto: 10 e lode.
Comfort: 10 e lode (per una Ferrari).

Ma è davvero così perfetta? Purtroppo no. Lo scopro in pista...

Il problema è che è sì velocissima, equilibrata, coinvolgente ed emozionante, proprio come ti aspetti da una Ferrari di razza. Ma è ben poco utilizzabile. Colpa delle gomme anteriori che, per chissà quale motivo, si consumano alla svelta.Troppo alla svelta! Tanto che a darci dentro non mi permettono di portare a termine neppure i classici 20 minuti del turno da track day!

Altro difetto è il peso eccessivo, che mette a dura prova i pur resistentissimi freni in carboceramica (di serie) e mi costringe a "staccare" molto prima che con auto più leggere.

"D'accordo", mi dirai, "ma la California è una granturismo, non una belva da track day". E hai perfettamente ragione, ma io mi chiedo, allora, a che cosa serva: per strada è troppo veloce per rispettare i limiti e troppo appariscente per infrangerli sperando che nessuno ti noti. In pista non fa che pochi giri e poi resta sulle tele...

L'unica cosa che le riesce davvero bene è attirare l'attenzione: delle ragazze, quando la parcheggi davanti al locale per l'aperitivo, e dei malintenzionati. E alla fine mi sento più a mio agio sulla Panda.

Si vede che sono proletario inside!

Lsdiff

Abarth GPunto Evo: era un ghepardo. Una volta.



La Grande punto Abarth era una delle mie compatte preferite. E se vuoi sapere il perché basta che clicchi qui e leggi la prova che ne feci a novembre 2008.

Ora però, con l'uscita della Abarth Evo le cose sono cambiate. E molto.

Del design non parlo perché sono un signore. Comunque ci voleva un bell'impegno per imbruttire quel capolavoro che era la Grande Punto di prima generazione. Ma in Fiat hanno deciso di rinverdire i vecchi fasti con un facelift degno della Duna ed eccone i mirabili risultati.

Ma le auto, dopotutto, non le guardi mentre guidi. Perciò se almeno la guida si rivelasse migliore che in passato (questa sì che è dura, e lo dico senza fare ironia) la nuova Abarth meriterebbe a pieno titolo il nome di Evo.

Invece non è così.

L'assetto è più morbido. Comodo, se vogliamo, ma totalmente privo del rigore e della precisione che aveva nella vecchia versione. E la prestazione in pista, così come il divertimento al volante, sono irrimediabilmente compromessi.

Con queste premesse, il buon motore può fare ben poco per migliorare la situazione.

In Abarth hanno deciso di rendere la Punto più turistica per lasciare alla 500 Abarth il ruolo di vera sportiva della casa. Basta cliccare qui per rileggere i miei appunti di ottobre 2008, quand'ebbi l'occasione di una prova in pista. Ma pochi mesi fa, con il lancio della Abarth 500C, la piccola peste è ancora migliorata. Te ne parlerò molto presto!

Lsdiff

domenica 2 gennaio 2011

Qvale Mangusta: troppi brividi non richiesti

Facciamo un salto indietro nel tempo.

Correva l’anno del Signore 2000 d.C., quando un americano chiamato Bruce Qvale volle rilevare quel che restava della defuntissima DeTomaso per lanciare una nuova auto sportiva chiamata Mangusta.

Il design non era filante, ma almeno era originale. E il tetto aveva un’inedito sistema con pannello superiore asportabile, stile targa, e il lunotto che poteva ruotare all’indietro, per scomparire tra l’abitacolo e il vano bagagli. Un antesignano del tetto rigido robotizzato della Mercedes SLK, se vogliamo.

Motore anteriore V8 da 320 cavalli, il 4,6 litri della Ford Mustang, cambio manuale, freni Brembo e sospensioni a quadrilateri, con un braccetto supplementare per il recupero della convergenza al posteriore come si conviene a una granturismo moderna. Una velocità di 255 all’ora e uno zero-cento in 5,3 secondi.

Le premesse, insomma, erano interessanti, ma come si comportava veramente?

In una parola: malissimo!

L’assetto era flaccido, assolutamente inadeguato per tenere sotto controllo un peso che, in ordine di marcia, superava di slancio i 1.700 chili. Di conseguenza i trasferimenti di carico erano addirittura drammatici e questo, sommato al passo corto, a uno sterzo assai demoltiplicato e al volante del diametro di una pizza al trancio, poteva creare situazioni di certo emozionanti, ma per nulla piacevoli.

Ricordo ancora una staccatona a oltre 200 all’ora, in cui l’auto si mise a coltello...

Il controsterzo bastò a malapena per stabilizzare l’imbardata e percorsi decine di metri guardando la pista dal finestrino del passeggero.

Fu in prossimità della curva che “lanciai” letteralmente il volante e riuscii a riallineare la vettura, appena in tempo per non finire nella ghiaia con l’auto completamente di traverso. Una situazione che avrebbe quasi certamente portato a un capottamento.

Per fortuna la Mangusta non è più prodotta dal 2002, ma ancora ne circola qualcuna. Se ce l’hai e non l’hai ancora portata in pista per un track day, il mio consiglio spassionato è di non provarci mai! Goditela su strada e non correre.



Lsdiff