sabato 28 maggio 2011

Nissan GT-R 2011: campionessa di sumo



Piccola, doverosa premessa: non ho il culo grosso. Ho preso qualche chilo, è vero, ma non ho il culo grosso. Perché ti dico ciò? Perché sedermi sulla Gt-R è stato come infilare il fondoschiena in un imbuto. Evidentemente è stata pensata per natiche orientali: miniaturizzate!

I primi metri poi non sono entusiasmanti. Vero, l’accelerazione è possente, esagerata, eppure in qualche modo confortevole: non ha la violenza che ritrovo su altre auto, e che spesso ha effetti collaterali sgradevoli sulla digestione dei passeggeri. E nonostante ciò mi garantisce uno 0-100 da record, attorno ai tre secondi. Non solo: basta fare poche curve per verificare che il divario prestazionale con le auto “normali” è addirittura inconcepibile e va ben oltre il semplice fatto che sotto il sedere ho 530 cavalli da scatenare.

E allora di che cosa mi lamento? L’assetto ha tre regolazioni: granitico, marmoreo e... Tolleranza Zero. La frizione automatica del cambio “dual-clutch” è tarata male e nel traffico strappa continuamente. I rumori di trasmissione, poi, sono inquietanti: qui sotto ci devono essere ingranaggi e giunti enormi, per sopportare le sferzate del motore, e l’effetto acustico è tutto fuorché gradevole, attutito o raffinato.

Se penso che l’obiettivo dichiarato di questa enorme coupé è quello di umiliare l’iconica Porsche 997 Turbo posso già dire che, almeno sul fronte della vivibilità, è una sfida persa in partenza. Con la 997 ogni metro è un sollucchero. Con la Nissan, invece, sembra più un “giro” in lavatrice. Poco importa se la giapponese ha più bagagliaio e sedili posteriori marginalmente più accoglienti.

E non parliamo del design. In fatto di stile ed eleganza, la tedesca batte la giapponese dieci a zero. Ma che dico? Cento a zero! Chi glie lo va a dire, a quelli del centro stile Nissan, che con tutto il loro impegno e avendo pure un bell'esempio da copiare, le prendono da gente che porta i pedalini sotto i Birkenstock?

Speriamo almeno che la Gt-R si riscatti in pista... Prima di scoprirlo, però, faccio i conti con un altro suo difettuccio: beve come un irlandese il giorno di San Patrizio e ai 130 autostradali si fatica a farle fare più di dieci chilometri con... due pinte di verde. La sosta per il pieno mi fa capire che il serbatoio, per di più, è risicato. Ma forse è meglio così: preferisco piccoli frequenti salassi che venire vampirizzato una volta per tutte al primo rifornimento.

E finalmente raggiungo la pista, un autodromo non molto grande, ma assai tecnico: perfetto per mettere a disagio i pesi massimi come la Gt-R, che stazza quasi due tonnellate e ha due turbo grandi come meloni, dal ritardo non proprio trascurabile.

Fin qui avevo evitato accuratamente di averci a che fare, ma la resa dei conti è arrivata: mi aspetta al varco, sulla plancia, una pletora di pulsanti per regolare ogni più inutile dettaglio della macchina. Per fortuna le cose che contano si vedono subito: cambio in posizione Race, assetto in posizione Race (l’avevo chiamata Tolleranza Zero, poco fa), controllo di stabilità in posizione... bravo, hai indovinato, di nuovo Race!

Metro dopo metro cerco di prendere confidenza, ma la Gt-R non è la macchina che ti senti subito addosso. Lo senti che ci mette del suo e a quanto pare se ne infischia di te: non cerca di capire cosa vorresti che facesse, ma fa di tutto per importi la sua legge con interventi perentori.

Dopo qualche esperimento concludo che l’elettronica potrebbe forse aiutarmi se riuscissi a prendergli bene le misure, anticipando di brutto l’apertura del gas e raddrizzando lo sterzo assai prima di aver raggiunto l’uscita di curva, per lasciare che sia l'Esp a gestire l’uscita in sovrasterzo. Ma non è così facile. E neppure divertente : non più che guardare un altro mentre gioca con la Playstation. Inoltre, quand'è attivo, il controllo di stabilità mi impedisce la guida "a due piedi", perché nonappena sfioro il freno, esclude il potenziometro dell'acceleratore.

Per fortuna, il malefico Esp si può pure spengere. Quasi non me ne accorgevo, visto che per farlo devo premere la levetta in direzione contraria alla posizione Race, cioè dove le altre auto avrebbero la taratura ancor più conservativa per affrontare fondi bagnati o innevati. Fetente!

Spengo tutto e, finalmente sono libero di guidare come piace a me: sul filo dell’aderenza e pure oltre, nei tornanti più stretti. Così riesco a farmi un’idea più dettagliata delle caratteristiche di questo mastodonte. Che va davvero benissimo, tanto di cappello. Tanto più vado forte e tanto più lo sento vivo e collaborativo. Tutto d’un pezzo e assolutamente coerente nelle reazioni, grazie a una rigidezza della scocca che è evidentemente elevatissima.

Qui serve raggiungere velocità importanti e sfruttare bene il trasferimento dei carichi, per eliminare un certo sottosterzo nelle curve lente. Il peso, che spesso sembra volatilizzarsi, è però in agguato e me ne accorgo quando provo a forzare l’ingresso in una curva da terza marcia: il posteriore si fa subito ballerino e superati i limiti di aderenza la spinta della massa, che vuol prendere la tangente, è preoccupante.

Per fortuna l’equilibrio globale è ottimo e dominare la Gt-R, pur impegnativo, non è particolarmente complicato. A naso, direi che la 997 Turbo non è altrettanto efficiente. Ma rimane un prodotto meglio rifinito a 360 gradi, mentre la Nissan riesce a eccellere solo ed esclusivamente in pista. Ti accontenti?

Lsdiff

giovedì 26 maggio 2011

Honda CR-Z: realtà virtuale





Emozioni forti, ma senza una vera sostanza dietro... questa è, in sintesi, la definizione un po’ spietata della CR-Z. Un’auto che, secondo Honda, dovrebbe avere un carattere sportivo, ma che nei fatti sa solo evocare questo concetto, nella mente e nei... pantaloni di chi le auto sportive non sa che cosa siano. O forse nemmeno questo.

Già, perché chi si lascia sedurre dal miraggio della sportività, senza peraltro conoscerla davvero, cerca prima di tutto un bal calcio nel culo quando pesta sull’acceleratore. E in questo l’ibrida Honda delude, perché se è vero che spinge con un’immediatezza da motore elettrico (ma guarda un po’, è un'ibrida...), poi in realtà delude, perché non ti incolla certo al sedile. Anzi, uscirebbe sconfitta pure dal confronto con un banale millesei diesel.

Qui le emozioni vengono tutte - e sole - da una prontezza fuori dal comune a ogni comando, ma in un continuo gioco di luci e ombre: dell’acceleratore ho già detto, ma sterzo e assetto non sono da meno. L’impressione di maneggevolezza è notevole, salvo poi ritrovarsi con un retrotreno alquanto nervoso e mai preciso nel pennellare le derapate, se si forza la staccata con il controllo di stabilità disattivato.

Pazienza, mi dico, le sue doti saranno altre... L’abitabilità? Niente affatto, perché i sedili posteriori sono poco più che “disegnati”. I consumi? Beh, quelli sono buoni, tra 15 e 18 chilometri litro, ma solo a patto di andare in giro prestando un’attenzione maniacale a risparmiare ogni goccia di benzina. E comunque il famoso diesel millesei di cui sopra farebbe di meglio. Se schiaccio, le prestazioni sono da millesei e i consumi di poco migliori.

E allora? Già si vocifera di una nuova versione Type-R, potenziata sia nel motore a scoppio sia in quello elettrico. Speriamo che questa dia al modello una vera ragion d'essere, perché personalmente non sono disposto, e credo nessuno con me, a barattare comfort e praticità per prestazioni deludenti. Se finalmente corresse davvero, allora sarebbe tutta un'altra storia!




Lsdiff

domenica 20 febbraio 2011

Abarth 500C: buona la seconda


Se voleva essere solo una macchinina modaiola per ragazzine viziate, quelli di Fiat... hanno sbagliato alla grande. Malgrado il design da "sorpresa dell'ovetto Kinder", infatti, qui c'è molto più arrosto che fumo. Lo so, neanch'io ci credevo, sulle prime, perché dalle versioni scoperte di auto preesistenti, specie se le metti alla frusta in pista, in genere arrivano più delusioni che conferme.

Ma stavolta è diverso.

Intanto perché non si tratta di una vera scoperta: qui, anche a tetto aperto, rimangono i montanti che danno alla scocca una rigidezza da auto chiusa. Il passo corto poi completa l'opera, mettendoti a disposizione una base meccanica assolutamente adeguata allo scopo.

Non di meno i primi metri deludono. Lo sterzo ha la solita consistenza "finta" della maggior parte dei servocomandi elettrici; il cambio robotizzato non è molto fluido quando guidi con un filo di gas e il controllo elettronico di stabilità taglia la potenza anche quando cerchi... di aumentare il volume dell'autoradio, se nel fattempo non hai il volante perfettamente diritto.

Ecco perché dico che non è un'auto da ragazzine viziate: se ti limiti a gudarla così, la Abarth 500C è un po' una "sola". Specie se consideri che i sedili sportivi, spessi come poltrone del salotto buono, rubano parecchio spazio a un abitacolo già parecchio risicato. E che ad alta velocità dal tettuccio passano parecchi spifferi, che certo non danno l'idea di un prodotto di qualità.

Ma, hey, il ceffo barbuto che vedo riflesso nello specchietto retrovisore non ha certo grazie femminili...

E allora sposto l'immancabile manettino in posizione Sport, attivo il Ttc (un giochetto elettronico che mima gli effetti di un differenziale a slittamento limitato) e... seppellisco l'acceleratore.

Lo confesso, sono quasi indispettito dalle prime impressioni e curva dopo curva, dosso dopo dosso, ci dò dentro quasi con furia: preciso e pulito, ma senza alcuna pietà per i freni, per il telaio, per il motore. Per nessuno.

E la Abarth 500C rivela tutte le sue qualità.

L'elettronica, prima di tutto, diventa enormemente più permissiva, e mi permette di gestire il bilanciamento dell'assetto con finezza e precisione. Fabio, che mi segue su un'altra auto, mi racconta che in staccata sollevo entrambe le ruote posteriori dall'asfalto. E in effetti le frenate sono atomiche: le porto fin dentro le curve, per inserire l'auto in leggero derapage, con uno stile kartistico che si rivela assai redditizio e sommamente divertente.

Se apro il gas progressivamente, il Ttc si rivela efficace e mi aiuta a mantenere traiettorie precisissime, contenendo il sottosterzo a livelli minimi e spingendo il posteriore a scivolare. Fantastico! A tutto ciò si aggiungono il buon lavoro del cambio al volante, che a questi ritmi si rivela comodissimo e assai proficuo, e un motore che suona quasi come un V8 americano.

La giostra prosegue per ore, con la piccola sportiva italiana che non mostra cenni di affaticamento,  nonostante la pista sia molto tormentata, anche come profilo altimetrico, e io affronti scollinamenti e compressioni a tutto gas, con l'auto in costante deriva su tutte e quattro le ruote. Non esagero: sulla Abarth 500C ho vissuto una delle esperienze di guida più appaganti in assoluto.

Lsdiff

sabato 12 febbraio 2011

Peugeot Rcz 200 HP: meglio dell'originale, ma...





Ai francesi, si sa, il resto del mondo non interessa. Anzi, gli fa pure un po' schifo. sarà per questo che loro la bellezza in senso classico, fatta di proporzioni e linee armoniose, inventata in Grecia duemilacinquecento anni fa, non se la sono mai filata. Nemmeno quando si tratta di copiare un'auto tedesca ispirata in tutto e per tutto a una saponetta.

Eppure il risultato è convincente. Nonostante quel muso esageratamente aggressivo e quelle specie di scalini che spezzano fiancate altrimenti perfette. Più personale e originale, che bella. Ma fa tipo. Piace. Un po' come Letitia Casta: non è Monica Bellucci, ma... arreda.

Ma da guidare com'è? La Casta non saprei, ma la Rcz ha un asso nella manica: il motore. E' il millesei turbo da 200 cavalli, che non sembra neanche un sovralimentato, tant'è pronto nelle risposte. Mi sbilancio? Ricorda addirittura il tre litri aspirato della prima Bmw Z4, quella da 231 cavalli. E ha la stessa "schiena" ai medi regimi. Insomma un piccolo capolavoro.

Quello che non mi ha convinto è l'assetto, che ha ben poco di sportivo. La Rcz ha un comportamento molto netto, improntato al sottosterzo. E per farla derapare, l'unica è aiutarsi con il freno a mano. Insomma, in passato Peugeot è stata tanto criticata per i suoi assetti reattivi che se la deve essere legata al dito... Poco importa se il risultato, in pista, non sia dei più coinvolgenti.

In compenso il comfort è eccellente e la sensazione è di trovarsi su un'auto veramente ben costruita e rifinita. Per certi versi superiore alle tanto celebrate Bmw (che da qualche tempo, anzi, giocano un po' troppo al risparmio, nonostante i prezzi sempre al top). E pure lo spazio a bordo è notevole: il senso di claustrofobia che si provava sulle prime Audi TT qui non si sa davvero cosa sia.

Il verdetto? La Rcz è un'ottima alternativa all'auto da cui trae ispirazione e se dovessi scegliere punterei senza dubbio sulla francese. Ma per fortuna nessuno mi obbliga all'acquisto, perché per me le auto sportive sono fatte in un altro modo...

Lsdiff

lunedì 7 febbraio 2011

Ferrari F458: viva l'Italia!






Che si sia tifosi o detrattori del Cavallino non si può negare che Ferrari oggi sia in assoluto la casa che più di ogni altra fa innovazione nel campo delle supercar. Sono avanti nel design e nell’applicazione, nel prodotto di serie, di tutte le tecnologie che possono rendere più costanti, giro dopo giro, le massime prestazioni.

La 458 è la punta di diamante di questa filosofia e la sua linea mi colpisce come un pugno: è bellissima e stupefacente, per la sua capacità di essere “avanti” senza per questo proporre linee difficili da “leggere”.

È evidente che qui la ricerca aerodinamica è stata fatta in modo più approfondito che su qualsiasi altra auto di serie.

I primi metri mi mettono un po’ in soggezione. L’auto, intendiamoci, è trattabilissima, ma dà l’impressione di essere grande: non me la sento subito addosso come, per esempio, mi è capitato con la vecchia Lamborghini Murcielago (vedi qui). E i pulsanti sul volante per le frecce (e altro) mi sembrano davvero poco intuitivi. Mala scelta è stata obbligata: volevano ricavare spazio per farmi azionare più comodamente le palette del cambio a doppia frizione, per cui va bene così.

Alla prima pedalata sul gas il canto del motore e la sua reazione istantanea mi strappano un’irripetibile esclamazione di apprezzamento. Ma è quando varco i cancelli dell’autodromo che scopro il vero carattere del bolide modenese.

L’accelerazione, manco a dirlo, è tra le emozioni più forti che si possano provare... Coi vestiti addosso. E ogni minimo dettaglio di come l’assetto si regola nelle varie situazioni lo senti chiaro e forte attraverso il fondo dei pantaloni. In percorrenza di curva è facile bilanciare l’appoggio sulle gomme esterne in maniera addirittura micrometrica. Segno che la scocca e gli ancoraggi delle sospensioni hanno una rigidezza eccezionale. O quantomeno calibrata alla perfezione.

Il volante, invece, è molto filtrato e di sensazioni tattili ne trasmette pochine. Alla prima staccata vera mi accorgo che pure ai freni bisogna fare il piede: complice qualche piccola asperità in traiettoria arrivo al bloccaggio ed è una cosa che mi succede davvero di rado.

L’elettronica, che regolo attraverso il famoso manettino sul volante, funziona bene e fa ciò che promette: mi aiuta a mantenere le massime prestazioni costanti, giro dopo giro, e a prendere confidenza con i limiti dell’auto in tutta sicurezza. Però mi toglie gran parte del divertimento e alla fine decido di spegnere tutto.

Così scopro che la 458 è più lesta a sovrasterzare che a riallinearsi: è l’effetto di 570 cavalli applicati a un corpo vettura che ha il 58 per cento del peso gravante sul retrotreno. Ma forse anche delle gomme, che al termine della prova non sono più tanto fresche e denunciano anche all’avantreno qualche perdita di aderenza precoce.

Il verdetto? Nonostante qualche peccatuccio per me la 458 è il nuovo punto di riferimento per tutte le supersportive: una chiara indicazione della direzione che tutti, presto o tardi, dovranno prendere. Almeno quelli che puntano a costruire prodotti al top della tecnologia.

Monumentale.

Fantastica.

Indimenticabile.

Vorrei poter stringere la mano a tutti gli uomini che l’hanno realizzata. Uno per uno! 

Lsdiff

domenica 30 gennaio 2011

Nissan 370z: ha perso qualcosa, ma diverte





L’estetica, si sa, è un fatto personale. Perciò lascio decidere a te se siamo di fronte a un capolavoro di citazioni retrò o piuttosto a una melanzana o.g.m.

Sulle sensazioni al volante, invece, riesco a essere più oggettivo.

La prima impressione, in città, è stata una delusione. La Roadster sembra più grande di quello che è in realtà. E pure un po’ inerte. Colpa dell’Euro 4, che per migliorare la combustione dei residui in camera di scoppio rallenta tutti i transitori, per lo meno ai regimi più bassi (e c’è da scommettere che con le varie Euro 5, 6 eccetera andrà sempre peggio).

Per fortuna in pista le cose cambiano. Tenendolo su di giri, il motore ritrova prontezza e grinta. Qualche giro di riscaldamento e la Nissan riesce a spazzare via la delusione dei primi metri. Con lei c’è da divertirsi. Forse non è affilata come la vecchia 350z, ma si comporta bene.

Il top della goduria lo raggiungo fregandomene dei tempi sul giro e lasciandomi andare alle “ignoranti” seduzioni del drifting...

La Roadster sembra fatta apposta per questo! Unico appunto, il differenziale autobloccante: è di tipo viscoso e ha tempi di intervento un po’ irregolari. In pratica non “chiude” mai con la stessa prontezza e non è facile fare due traversi identici uno in fila all’altro. Ma è un’auto di serie, dopotutto, e direi che il value-for-money è decisamente interessante, visto che ti mette sotto al sedere circa 330 onestissimi cavalli per poco più di 40 zucche.

Una nota sul cambio manuale: ha un dispositivo che alza automaticamente i giri del motore in scalata, per aiutarmi nei passaggi di marcia, rendendo superfluo il punta tacco. È efficace e molto comodo, non dico di no, ma da talebano della guida rimango perplesso: a me fare il punta-tacco piace. E provo una certa snobistica goduria a saper eseguire alla perfezione pure la doppietta. Al massimo apprezzo i cambi al volante delle auto da corsa, perché mi permettono di fare altri numeri in pista, ma se manuale dev’essere, il divertimento lo voglio tutto per me! I chip si fottano!


Lsdiff 

sabato 29 gennaio 2011

Giulietta Quadrifoglio Verde: sportiva solo a metà


Che spettacolo! Scusa se cito Valentino Rossi, noto poeta contemporaneo, ma per me la linea della nuova Giulietta Quadrifoglio Verde, merita lunghi istanti di ammirata contemplazione.

In silenzio.

Poi il rombo del motore esplode. Metto in moto e il gorgoglio del quattro cilindri turbo da 1.750 cc e 235 cavalli mi fa intuire le emozioni che seguiranno di li a poco. I comandi, in effetti, sono più da berlina che da sportiva, ma la spinta è imperiosa. Incredibile in rapporto alla cilindrata. Piena e forte a tutti i regimi. Vero, il ritardo del turbo si sente, ma non disturba più di tanto. Il piede ce lo fai alla svelta.

Alle prime curve, però, mi accorgo he qualcosa non va. I sedili fanno pena! Se non ci fosse la portiera a trattenermi a bordo finirei fuori dall’auto a ogni svolta. Non importa con quanta cura regoli la tua posizione al volante o tiri la cintura di sicurezza: se ci dai dentro devi aggrapparti al volante e puntellarti con gomiti e ginocchia come su una macchina degli anni 50. E qualche insulto, sussurrato, ma sentito, mi scappa all’indirizzo dei progettisti torinesi.

Tutto qui? No c’è dell’altro da criticare. L’assetto, che per strada è ottimo, in pista tradisce la paura che in Alfa hanno avuto di proporre una sportiva vera come mi aspetto da una Quadrifoglio Verde. Il retrotreno è piantato: non partecipa mai alle danze. E se con una manovra brusca provi a farlo scivolare leggermente ci pensa l’Esp a riportarlo in carreggiata: con pugno d’acciaio e troppo alla svelta per sfruttarlo a tuo vantaggio.

Il risultato? La Giulietta smusa, smusa e ancora smusa. La guidi tutta “sull’anteriore”, trovandoti a remare col volante per cercare di limare l’ultimo centesimo, ma senza alcuna possibilità di bilanciare davvero l’assetto nelle curve. E di sfruttare appieno il notevole potenziale dell’auto.

Peccato perché la base c’è eccome. Persino i freni, che sono quasi sempre il punto debole delle auto da strada strapazzate in pista, hanno una resistenza quasi miracolosa. Servirebbe solo un assetto differente.

È la più sportiva della gamma, in fondo: se lo merita! 

Lsdiff

venerdì 28 gennaio 2011

SPECIALE COMPATTE: Opel Astra


Lo so, mi sono fatto attendere, ma finalmente ho trovato il tempo di annotare le mie esperienze con l'ultima sfidante dello Speciale Compatte: la più recente versione della Opel Astra...

Per chi ha familiarità con la plancia della Civic, noterà al primo colpo d'occhio che la console tedesca è quasi l'opposto. Una miriade di tasti tutti posizionati al centro (aiuto!). I comandi radio e clima sono raggruppati in livelli differenti, ma crea confusione il fatto che tutti i tasti siano di dimensione e aspetto pressoché identico. Se avete anche il navigatore installato, troverete a disposizione ben 5 manopole!! agli inizi trovare quella giusta è un po un quiz a tempo……se cerchi troppo a lungo ti schianti.
I materiali sono ottimi, tranquillamente paragonabili a quelli della Golf, l'assemblaggio anche.

Da segnalare che la parentela con l'Insigna è evidente ovunque… dimensioni incluse: 4,42 metri sconfinano quasi nel segmento delle berline (una Bmw serie 3 lunga 4,50 metri) e il peso dichiarato è di circa 100 kg superiore alla media (chiamate un dietologo per OPC). Tutte questa abbondanza però non ha portato con sé reali vantaggi all'abitabilità, anche qui inferiore a Civic.

Molto "spaziale" è invece l'illuminazione notturna degli interni. Ogni dettaglio ha la sua lucetta rossa, dalle maniglie alla parte inferiore dell'abitacolo, dal vano portaoggetti al... bordo inferiore della console centrale: un vero colpo di genio per evidenziare la polvere che hai trascurato di pulire!

La vettura che ho provato era un 1.7 Ctdi Cosmo 110cv, unici optional montati fari bixeno e navigatore Dvd-800. Inserisco la chiave nel quadro, giro in prima posizione ed ecco che partono i bixeno muovendosi sue giù per un breve check up (wow!), seconda posizione e avviamento del………TRATTORE.

Ai fan del marchio Honda questo motore è già noto, è parente stretto dell'isuzu che equipaggiava la settima serie della Civic; qui si presenta in versione rinnovata euro 5. Il giudizio è abbastanza impietoso: ruvido e rumoroso! Grazie alla sua coppia muove con sufficiente disinvoltura la massa dell'Astra, penalizzato però da una rapportatura del cambio volta al risparmio più che al piacere di guida (e nonostante questo i consumi restano solo discreti). Le prime 3 marce sono ben scalate, non dico di no, ma quarta quinta e sesta danno una chiara percezione... dell'infinito. E con buona pace dei newtonmetri da diesel ci si trova facilmente a dover scalare per fare un sorpasso.

Peccato, perché il telaio dell'auto sembra adatto anche per una guida più sportiva: merito di un assetto molto valido per un uso a 360° che comunque garantisce un buon assorbimento (anche se la Golf, sotto l'aspetto comfort, è migliore, soprattutto al posteriore).

La bellissima sorpresa viene invece una volta scesi dall'auto, e seduti davanti al venditore per parlare del prezzo; a parità di accessori e potenza del motore, l'Astra costa in media 3000 euro in meno della Golf. Un affare!

Attirato dal prezzo, decido di dare all'Astra una seconda possibilità, è la volta del 1.6 Turbo da 180 cv, e qui le cose si fanno molto più interessanti! La versione Cosmo S (unica disponibile abbinata al 1.6 turbo) ha praticamente tutto di serie, incluso l'assetto regolabile elettronicamente Flex Ride (3 le posizioni disponibili: Comfort, Norm, Sport ).

Questo Optional mi ha particolarmente colpito: la vettura era equipaggiata con cerchi in lega da 19" e spalla da 40, ma nonostante questo le buche, con mia grande sorpresa, venivano assorbite in modo eccellente. Per contro, anche nell'impostazione Sport, la vettura non è mai rigida quanto vorresti per una andatura più allegra, manca sempre quel qualcosa che fa perdere di precisione l'avantreno. 

D'altra parte il 1.6 turbo, che sulla carta potrebbe sembrare un motore di connotazione sportiva, di sportivo ha ben poco. L'erogazione è sempre molto lineare e costante, corposa ma mai brutale. Il cambio qui è ancora lungo, ma il 1.6 riesce a digerire perfettamente la spaziatura.

Tirando le somme l'Astra equipaggiata con questo motore diventa una viaggiatrice dal comfort eccezionale, silenziosa e relativamente parca nei consumi (il peso gioca sempre un ruolo da padrone… e i kg qui si sprecano ), ma chi si aspettava una vettura divertente dovrà aspettare la OPC.

Il Dado 

domenica 16 gennaio 2011

Lotus Elise 1.6: un piccolo capolavoro




Adoro quel suo musetto che sembra ispirato alla Ferrari California. E adoro le sue dimensioni compatte, che la rendono più adatta di tante altre rivali alla guida spigliata su strada: più piccola è l'auto e più le strade ti sembrano larghe, permettendoti traiettorie più studiate.

Oltretutto il nuovo abbinamento tra motore millesei e peso piuma dimostra la validità di un concetto che, purtroppo, Lotus abbandonerà con le sue prossime auto: nei posti che contano ora ci sono alcuni uomini ex Ferrari, che vogliono far maturare il marchio inglese in una direzione che farebbe inorridire il compianto Colin Chapman. Come dire, godiamocela finché dura!

Mai mettere le nubi di domani davanti al sole di oggi, comunque, e concentriamoci sull'attuale Elise.

E' scattante, super reattiva a ogni comando (acceleratore compreso) e ha una bella progressione. In più consuma davvero pochissimo! La quadratura del cerchio, se non fai caso all'aria fragile di molte componenti e non ti importa eccessivamente del comfort e dell'isolamento acustico.

Pregi e difetti dell'Elise emergono in pista.

Finché guidi pulito è una cannonata. Con un assetto perfettamente focalizzato sullo scopo (a patto di accompagnare l'inserimento con rilasci ben misurati) e uno sterzo come ormani non ce ne sono altri: privo di servoassistenza, ti urla nelle orecchie ciò che gli altri a malapena ti sussurrano da lontano. Impossibile non accorgersi di ciò che sta accadendo sotto le ruote quando guidi così privo di filtri. Per contro, ogni scordolata la senti nelle mani come... lo schiaffo del soldato.

L'unico vero limite lo scopri se provi a fare un po' di drifting.

Manca il differenziale autobloccante, e già questo crea problemi di trazione quando superi i ilmiti di aderenza. Di conseguenza, oltre certi angoli di deriva le reazioni dell'Elise diventano difficili da controllare.
E il motore non aiuta, perché non ha tiro sufficiente a portarti fuori dai traversi più impegnativi. Insomma non è difficile trovarsi parcheggiati in mezzo ai tornanti col muso che punta il centro della curva.

Ma a parte questo, è proprio un gioiellino!

Lsdiff

sabato 15 gennaio 2011

Ferrari California 2010: fantastica per strada, ma in pista...




Anche a me che ne guido tante, salire su una Ferrari non capita tutti i giorni e l'emozione mi fa dare un po' i numeri...

Motore: 10 e lode.
Cambio: 10 e lode.
Assetto: 10 e lode.
Comfort: 10 e lode (per una Ferrari).

Ma è davvero così perfetta? Purtroppo no. Lo scopro in pista...

Il problema è che è sì velocissima, equilibrata, coinvolgente ed emozionante, proprio come ti aspetti da una Ferrari di razza. Ma è ben poco utilizzabile. Colpa delle gomme anteriori che, per chissà quale motivo, si consumano alla svelta.Troppo alla svelta! Tanto che a darci dentro non mi permettono di portare a termine neppure i classici 20 minuti del turno da track day!

Altro difetto è il peso eccessivo, che mette a dura prova i pur resistentissimi freni in carboceramica (di serie) e mi costringe a "staccare" molto prima che con auto più leggere.

"D'accordo", mi dirai, "ma la California è una granturismo, non una belva da track day". E hai perfettamente ragione, ma io mi chiedo, allora, a che cosa serva: per strada è troppo veloce per rispettare i limiti e troppo appariscente per infrangerli sperando che nessuno ti noti. In pista non fa che pochi giri e poi resta sulle tele...

L'unica cosa che le riesce davvero bene è attirare l'attenzione: delle ragazze, quando la parcheggi davanti al locale per l'aperitivo, e dei malintenzionati. E alla fine mi sento più a mio agio sulla Panda.

Si vede che sono proletario inside!

Lsdiff

Abarth GPunto Evo: era un ghepardo. Una volta.



La Grande punto Abarth era una delle mie compatte preferite. E se vuoi sapere il perché basta che clicchi qui e leggi la prova che ne feci a novembre 2008.

Ora però, con l'uscita della Abarth Evo le cose sono cambiate. E molto.

Del design non parlo perché sono un signore. Comunque ci voleva un bell'impegno per imbruttire quel capolavoro che era la Grande Punto di prima generazione. Ma in Fiat hanno deciso di rinverdire i vecchi fasti con un facelift degno della Duna ed eccone i mirabili risultati.

Ma le auto, dopotutto, non le guardi mentre guidi. Perciò se almeno la guida si rivelasse migliore che in passato (questa sì che è dura, e lo dico senza fare ironia) la nuova Abarth meriterebbe a pieno titolo il nome di Evo.

Invece non è così.

L'assetto è più morbido. Comodo, se vogliamo, ma totalmente privo del rigore e della precisione che aveva nella vecchia versione. E la prestazione in pista, così come il divertimento al volante, sono irrimediabilmente compromessi.

Con queste premesse, il buon motore può fare ben poco per migliorare la situazione.

In Abarth hanno deciso di rendere la Punto più turistica per lasciare alla 500 Abarth il ruolo di vera sportiva della casa. Basta cliccare qui per rileggere i miei appunti di ottobre 2008, quand'ebbi l'occasione di una prova in pista. Ma pochi mesi fa, con il lancio della Abarth 500C, la piccola peste è ancora migliorata. Te ne parlerò molto presto!

Lsdiff

domenica 2 gennaio 2011

Qvale Mangusta: troppi brividi non richiesti

Facciamo un salto indietro nel tempo.

Correva l’anno del Signore 2000 d.C., quando un americano chiamato Bruce Qvale volle rilevare quel che restava della defuntissima DeTomaso per lanciare una nuova auto sportiva chiamata Mangusta.

Il design non era filante, ma almeno era originale. E il tetto aveva un’inedito sistema con pannello superiore asportabile, stile targa, e il lunotto che poteva ruotare all’indietro, per scomparire tra l’abitacolo e il vano bagagli. Un antesignano del tetto rigido robotizzato della Mercedes SLK, se vogliamo.

Motore anteriore V8 da 320 cavalli, il 4,6 litri della Ford Mustang, cambio manuale, freni Brembo e sospensioni a quadrilateri, con un braccetto supplementare per il recupero della convergenza al posteriore come si conviene a una granturismo moderna. Una velocità di 255 all’ora e uno zero-cento in 5,3 secondi.

Le premesse, insomma, erano interessanti, ma come si comportava veramente?

In una parola: malissimo!

L’assetto era flaccido, assolutamente inadeguato per tenere sotto controllo un peso che, in ordine di marcia, superava di slancio i 1.700 chili. Di conseguenza i trasferimenti di carico erano addirittura drammatici e questo, sommato al passo corto, a uno sterzo assai demoltiplicato e al volante del diametro di una pizza al trancio, poteva creare situazioni di certo emozionanti, ma per nulla piacevoli.

Ricordo ancora una staccatona a oltre 200 all’ora, in cui l’auto si mise a coltello...

Il controsterzo bastò a malapena per stabilizzare l’imbardata e percorsi decine di metri guardando la pista dal finestrino del passeggero.

Fu in prossimità della curva che “lanciai” letteralmente il volante e riuscii a riallineare la vettura, appena in tempo per non finire nella ghiaia con l’auto completamente di traverso. Una situazione che avrebbe quasi certamente portato a un capottamento.

Per fortuna la Mangusta non è più prodotta dal 2002, ma ancora ne circola qualcuna. Se ce l’hai e non l’hai ancora portata in pista per un track day, il mio consiglio spassionato è di non provarci mai! Goditela su strada e non correre.



Lsdiff